La maternità è un momento particolarmente delicato per la vita di una donna, durante cui i cambiamenti personali, corporei e relazionali in atto possono far emergere ansie, paure e brutti pensieri. La gravidanza è un periodo già di per sé molto intenso a livello emotivo e i cambiamenti ormonali possono incidere sullo stato d’animo della gestante. Spesso, infatti,
possono insorgere preoccupazioni rispetto alla sospensione o alla perdita del lavoro, alla relazione di coppia e all’allargamento del nucleo familiare, alle trasformazioni del proprio corpo o del proprio desiderio sessuale, o ancora allo stravolgimento del proprio stile di vita.
Le normali paure e i sentimenti altalenanti di gioia e tristezza possono confondere e disorientare se non si trova un luogo di ascolto in cui poterli verbalizzare. Fondamentali sono il dialogo con il proprio partner e il confronto con altre mamme, ma a volte non risultano sufficienti quando le paure si trasformano in un’ansia invalidante o la tristezza conduce ad una forte demoralizzazione. Se il sonno diventa profondamente disturbato o l’umore particolarmente deflesso è bene rivolgersi ad un professionista per valutare se ci si trova in un momento di malessere fisiologico transitorio oppure in una situazione di maggiore disagio che, se non curato, può sfociare in una depressione in gravidanza o post parto. Se per un periodo maggiore di due settimane soffrite d’irrequietezza, pianto frequente, disperazione, mancanza di energie, sonno scarso o eccessivo, senso di colpa o d’inadeguatezza, irritabilità o pensieri negativi riferiti a sé o al neonato è bene rivolgersi ad uno specialista per un’attenta valutazione. Tali sintomi sono indicati orientativamente in maniera vaga allo scopo di evitare il fenomeno dell’autodiagnosi che spesso non si rivela corretta. Qualora si sospettasse di soffrire dei sintomi sopra elencati, si suggerisce di rivolgersi a un professionista specializzato in grado di definire il trattamento necessario.
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TERAPIA DI COPPIA: SEPARAZIONE O RICONCILIAZIONE?
Spesso le coppie si trovano ad affrontare momenti particolarmente critici della propria vita relazionale che le conducono davanti ad un bivio: separarsi o riconciliarsi? La via della separazione non è sempre così facilmente praticabile da un punto di vista emotivo: aspettative, bisogni e ideali infranti possono tra loro confliggere, così come i partner possono trovarsi in punti diversi del percorso. C’è chi ha già forse elaborato l’idea di abbandonare il nucleo familiare e chi invece si trova improvvisamente a dover affrontare un’impensabile separazione; c’è chi ancora desidera riprovarci e chi ha perso ogni speranza di rilancio del rapporto. Ecco dunque che in questo momento critico è possibile rivolgersi ad un professionista esterno, “super partes”, che può aiutare la coppia ad analizzare la domanda, acomprendere i diversi punti di vista dei partner per avviare un lavoro di coppia che può portare alla riconciliazione oppure alla separazione. Attraverso un percorso di accompagnamento si può ricostruire insieme la storia della coppia e individuare i nodi critici che si sono formati col tempo e che hanno portato a sfilacciare il legame. Spesso incontro coniugi che riscoprono antichi rancori mai superati, che hanno creato notevoli distanze tra loro con conseguenze sul piano affettivo e comunicativo. I “non detti” finiscono per sedimentarsi come cisti sottopelle. Parlo di pelle, proprio perché nella coppia c’è una pelle personale che separa e c’è un “noi pelle” che permette di entrare in contatto, anche intimo con l’altro. Se questi confini non vengono rispettati o se, viceversa, i confini di coppia vengono annullati, inizia lo smarrimento. Ci si perde e la lontananza silenziosamente aumenta. In una terapia di coppia è possibile dunque riconoscere i nodi critici da cui partire al fine di individuare risorse positive per provare a scioglierli e di avviare un processo di rielaborazione. Attraverso un attento lavoro riflessivo, si possono implementare più funzionali approcci comunicativi e nuove strategie di gestione dei conflitti. Si badi bene che il conflitto non è per forza sintomo di rottura: è un processo inevitabile all’interno di una coppia proprio per la diversità dei partner. Ciò che può creare rottura è, invece, la modalità della sua gestione. Ci sono, infatti, modalità costruttive oppure distruttive che segnano diversamente il decorso del conflitto. In una terapia di coppia s’impara a riconoscere le modalità distruttive impiegate e a esercitarsi su strategie più positive di gestione dei conflitti. In base alla valutazione dei nodi e delle risorse, evidenti o latenti, all’interno della coppia si definirà poi la strada da proseguire di fronte al bivio: è possibile la riconciliazione e il faticoso rilancio del legame di coppia oppure le uniche soluzioni praticabili sono la separazione e il divorzio? In quest’ultimo caso si offre un ulteriore spazio di ascolto per avviare un processo delicato di transizione che coinvolge non solo i coniugi, ma, qualora presenti, anche i figli. Il sostegno può essere rivolto al singolo oppure alla coppia, in base al momento specifico che ci si trova ad affrontare. Dopo tre preliminari colloqui di valutazione, si definisce il trattamento più indicato e la cadenza del lavoro. Sia la riconciliazione che la separazione richiedono un lavoro
impegnativo a livello emotivo da parte di entrambi i coniugi che necessitano di un adeguato supporto e di un tempo riservato.
SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’
Essere genitori… una sfida educativa sempre più ardua
Come già sosteneva Freud ai suoi tempi, essere genitori è uno dei mestieri più difficili al mondo. Così ancora oggi, il compito educativo dei genitori si fa sempre più complesso, in quanto l’attuale contesto sociale, caratterizzato da una mancanza di riferimenti normativi chiari e univoci e da ritmi di vita sempre più incalzanti, a volte disorienta. Spesso si ha la sensazione di dover imparare il faticoso mestiere di essere genitori in solitudine e si entra in
crisi rispetto alla propria capacità genitoriale, quando si è assaliti da dubbi e domande in merito ai comportamenti e alle difficoltà dei figli. Il mestiere del genitore non può essere assolutamente insegnato e non esiste un prontuario da rispettare per essere considerati “buoni” genitori. Il compito genitoriale diventa ancora più arduo con l’adolescenza dei figli, fase attraverso la quale è possibile transitare per mezzo di un processo di svincolo che coinvolge entrambe le generazioni familiari. Congiuntamente, infatti, sia i genitori sia i figli adolescenti sono chiamati a separarsi, in un percorso accompagnato da inevitabili quote di dolore che ogni distacco comporta. La cura responsabile dovrebbe tradursi in un atteggiamento di protezione flessibile che tiene conto degli aspetti di dipendenza, ancora
presenti nella condizione adolescenziale, e dei nuovi aspetti di autonomia. In questo passaggio delicato è importante offrire uno spazio di sostegno alla genitorialità, ovvero un luogo di ascolto riflessivo in cui poter riconoscere i problemi e trovare insieme le risorse per affrontare le nuove sfide genitoriali. Se ci si trova in un momento di particolare difficoltà come
genitori, non bisogna temere di rivolgersi ad un esperto per essere aiutati a leggere e a comprendere il comportamento dei propri figli. Attraverso una consultazione è, infatti, possibile trovare gli strumenti più indicati per gestire la problematica familiare e riscoprire risorse positive per affrontare certi momenti critici. Si pensi alla difficile gestione delle emozioni “ballerine” degli adolescenti che passano repentinamente da momenti di
entusiasmo ed euforia all’esplicitazione di rabbia o tristezza incomprensibili. Così com’è facile trovarsi in un vortice sempre più accentuato di conflitti che aumentano per via dei processi di differenziazione e di separazione che i figli adolescenti stanno compiendo. Prendere le giuste misure tra controllo e concessione di fiducia diventa il compito più difficile da svolgere per i genitori di figli adolescenti. Un adeguato sostegno alla genitorialità può essere dunque il mezzo per affrontare questi processi emotivi e relazionali di transizione.
Dalle periferie esistenziali al centro del bisogno: “Solo ora, dottoressa, ho trovato il coraggio di chiedere aiuto”
“Non stavo bene da tempo, dottoressa, ma solo ora ho trovato il coraggio di chiedere aiuto”, “Sono sempre riuscito a farcela da solo, ma adesso sento di non farcela. Mi sono convinto a rivolgermi a lei!”: queste le parole con cui molti pazienti esordiscono quando li incontro per la prima volta nel mio studio. Sono la dott.ssa Ilaria Parrotta, una psicologa, operante sul territorio e da anni mi occupo di disagio psichico.
Nella vita può capitare di attraversare un momento di particolare difficoltà in ambito lavorativo, familiare, scolastico, relazionale o personale, che può a volte sfociare in un disagio più o meno manifesto (umore depresso, ansia, attacchi di panico, etc.). In queste situazioni è facile essere disorientati rispetto a cosa fare o a chi rivolgersi per cambiare la propria condizione e si rischia di ritrovarsi in uno stato di isolamento e confusione. Nonostante al giorno d’oggi si sia sdoganata la figura dello psicologo, non più considerato lo “strizzacervelli” o il “curatore dei pazzi”, permangono ancora molte resistenze a riconoscere quando si ha bisogno e a rivolgersi ad uno specialista. Molte sono ancora, infatti, le barriere invisibili che si frappongono tra un soggetto in una situazione di disagio psicologico e la possibilità di chiedere aiuto. Tra queste vi sono alcune perplessità: che cos’è il disagio psichico? Quando mi posso rivolgere ad uno psicologo? Come mi può aiutare? Domande che meritano una risposta e un giusto spazio, soprattutto oggi, 10 ottobre, Giornata Nazionale della Psicologia e Giornata Mondiale della Salute Mentale. Tema promosso in questa occasione è quello delle periferie esistenziali. Si vuole rimettere al centro il bisogno, spesso dimenticato o trascurato, di chi si sente depresso, svuotato o agitato a causa delle vicissitudini della propria vita. Per non rimanere in uno stato di smarrimento, di periferia esistenziale appunto, e per non aggravare il proprio disagio, occorre rivolgersi ad uno psicologo, una figura esperta di salute mentale. Lo psicologo è un professionista che, dopo alcuni colloqui preliminari di valutazione, definisce un percorso di cura volto ad aiutare il paziente a riconoscere le cause del proprio disturbo e a riscoprire le risorse per affrontarlo. Il trattamento è finalizzato ad accrescere la consapevolezza di sé e del proprio mondo interno, ad esplorare le emozioni e a migliorare la propria qualità di vita. Il primo passo per promuovere un cambiamento è proprio quello di fermarsi e di iniziare ad ascoltarsi. Ecco dunque l’importanza data ai “luoghi dell’anima”, la psiché, rinnovata in questa seconda edizione della Giornata Nazionale della Psicologia, in occasione della quale molti studi di psicologia apriranno le porte per accogliere le domande dei cittadini. Per promuovere l’ascolto di sé, durante il mese di ottobre, offrirò la possibilità di una prima consultazione conoscitiva gratuita così da rispondere ad eventuali dubbi.
Dott.ssa Ilaria Parrotta
Studio in via Pontida 19 Abbiategrasso
Cell. 3472782651